Torna anche quest’anno l’appuntamento con le storie Top e Flop pubblicate nel corso del 2020 su Topolino Magazine! Le pagine del settimanale, durante questi 12 mesi, sono state lo scenario di varie avventure, più o meno riuscite: numerose saghe, qualche bella storia breve e diversi cicli facilmente dimenticabili. Così, a prequel mediocri come Topolino: Le origini o Young Indiana, sono seguite invece saghe più interessanti come Il Torneo delle Cento Porte o quella che vede Newton Pitagorico come protagonista. Non è mancata neanche qualche bella storia autoconclusiva, come Zio Paperone e la mano di riserva. Un anno piuttosto fiacco in verità: poche le storie meritevoli di menzione, in grado di spiccare sulle altre, di fronte al largo numero di Topolino insipidi, senza infamia e senza lode.

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Prima di iniziare, due doverose premesse:
- La Top e Flop di Topolino 2020 si basa sulle considerazioni e sul pensiero personale dell’autore dell’articolo. Non ha alcuna pretesa di critica oggettiva e definitiva, e deve essere presa come una opinione soggettiva quale è.
- Nella scelta delle storie, si ha avuto predilezione per quelle ad ampio respiro. Saghe e avventure che, per posizione, impatto e aspettativa, hanno rivestito un ruolo particolare sulle pagine del Topo. Non sarebbe stato giusto includere anche le storie “minori”, o le riempitive.
Detto questo, non ci resta che svelare le storie che compongono questa Top/Flop di Topolino 2020, dalla terza fino alla prima posizione.
In terza posizione nella Top e Flop 3 di Topolino 2020:
↓ Flop: La serie di Mister Vertigo (Topolino n° 3375 e successivi)
Sorpresi di trovare in classifica Mr Vertigo, e per di più in flop three? Per essere sinceri, quest’anno su Topolino sono state pubblicate storie ben peggiori (ad esempio, il principale candidato al 3° posto era un certo papero mascherato). La scelta di inserire Mr Vertigo nelle flop è una provocazione palese. Questo perché credo che il potenziale del personaggio e le premesse da cui si muoveva non siano state sfruttate al meglio.
Trama
Mr Vertigo si ispira alla florida letteratura di personaggi ambigui e manipolatori dei Comics americani (come il Ventriloquist o The Riddler della DC). Nella storia di esordio Topolino e le notizie di Mister Vertigo (Marco Nucci, Fabrizio Petrossi) pubblicata su Topolino n° 3375 e 3376, Vertigo sfrutta una marionetta per diffondere fake news tramite il suo notiziario web. Le informazioni divulgate sono in realtà delle sciocchezze che solleticano l’attenzione del pubblico, che le reputa affidabili. Tra i pochi scettici un razionale Topolino, insospettito dal successo dell’insolita rubrica. Mr Vertigo infatti sfrutterà l’esposizione mediatica generata per manipolare gli spettatori e servirsene per i suoi loschi scopi.
Vertigo tornerà in ben altre due storie nell’arco di pochi mesi (Topolino e l’incubo di Mister Vertigo e Topolino e le Piccole Verità del Natale), per un totale di sei episodi. Il canovaccio rimane lo stesso: una nuova figura manipola l’opinione pubblica, e tocca proprio a Topolino svelare l’arcano e smascherarne i colpevoli.
Il manipolatore nell’ombra
Il nuovo antagonista di Topolino è carismatico, sfuggente, pericoloso: nascosto dietro il suo cappuccio giallo (vi ricorda Red Hood?), conosce bene i gusti delle masse e come influenzarle a propria discrezione. L’argomento delle fake news è un chiaro esempio di come il settimanale possa, in maniera simpatica e intrigante, arricchirsi dei temi caldi dell’attualità per tradurli in dinamiche ragionate e stimolanti per i bambini e gli adulti. Un nemico ricco di fascino, dotato di un’identità sufficientemente originale e moderna da non imbarazzare il resto del cast degli avversari del Topo.
L’inizio della serie è scoppiettante, ben congegnato, e fa capire che Mr Vertigo sia destinato a compiere imprese più grandi, a ritornare in grande stile.
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Tic Tac! È l’ora della verità!
Ma qualcosa si è perso per strada. Nelle sue due successive avventure la dinamica già analizzata a luglio viene riproposta, nel breve periodo, sostanzialmente invariata. Troppo scarsi i contributi degli adattamenti dovuti alle ricorrenze “halloweeniane” e natalizie: troppo simili al primo episodio, che ne ricalcano la struttura, troppo scontati gli esiti. La serie difetta di personaggi secondari veramente meritevoli di menzione, per spessore e character design, riducendosi a comparse a sbiadite imitazioni di personaggi più noti.

Le potenzialità di ogni avventura (e di Mr Vertigo), che in ogni episodio iniziale solleticano la curiosità del lettore, vengono depotenziate e banalizzate in quella successiva. Un sorta di freno a mano tirato per ridurre l’impatto di eventuali sviluppi originali. Lo stesso ruolo dell’antagonista incappucciato viene messo in secondo piano. E, alla sesta apparizione, continua ad essere fastidiosamente sfuggente.
I suoi obiettivi si limitano apparentemente al semplice furto di qualche sacco di denaro o di gioielli. Anche la cosiddetta rivelazione dell’identità di Mr Vertigo (su cui nutro qualche dubbio) lascia insoddisfatti: troppo insipido da poter generare una reazione sorpresa o interessata del lettore. Al di là dell’eventuale ruolo svolto dal mago Arkadin nella vicenda.
Le bugie di Mister Vertigo

Su ben sei episodi mi sarei aspettato degli sviluppi più originali, contenutisticamente soddisfacenti, per Mr Vertigo. Forse sarebbe stata preferibile una progressione della serie più misurata, attenta all’approfondimento dell’antagonista e del mondo in cui vive, piuttosto che alla celebrazione delle festività. Mi rendo però conto che creare e gestire un nuovo antagonista per Topolino non sia un compito facile. Rendere compatibile l’anima di villain da fumetto supereroistico con i temi e la dimensione del fumetto Disney italiano, senza snaturarne l’essenza, presenta numerose sfide. Una buona base comunque permane, e gli autori ne hanno dato prova.
Speriamo che in futuro Vertigo riservi qualche sorpresa, siamo fiduciosi.
↑ TOP: Topolino e il ritorno del bluesman – Giuseppe Zironi, Gabriele Panini (Topolino n°3381)
Topolino e il ritorno del bluesman appartiene al fortunato ciclo Topolino giramondo, ideato dall’autore Giuseppe Zironi, iniziato a novembre 2019 con la storia-prologo Topolino e il luuungo addio. La saga vede Topolino assunto come inviato speciale da un giornale per scrivere dei reportage intorno al mondo. Nelle 7 storie che attualmente compongono il ciclo, Topolino riscopre la sua vena avventurosa, esplorando scenari esotici ed entrando in contatto con l’umanità che li popola.
In viaggio per New Orleans
Ne il ritorno del bluesman Topolino viaggia per le assolate strade della Louisiana. Impantanato, viene soccorso da un vagabondo amante della musica, Muddy. I due stringono subito amicizia, nonostante la riservatezza del suonatore di armonica, che Topolino decide di aiutare nella ricerca della sua vecchia fidanzata Corinne. Un prestito usuraio non saldato mette però nei guai la nuova coppia di amici che, oltre a fallire nella ricerca della donna, è costretta ad affrontare anche la minaccia di un pericoloso gangster locale.
Nella storia Topolino si dimostra un avventuriero curioso e dalla mente aperta. Un’attitudine positiva e irresistibile, che lo trascina nelle situazioni più disparate negli ambienti tipici di New Orleans e dintorni. Un Topolino lontano da qualsiasi pregiudizio o preconcetto: pur venendo a sapere che il suo nuovo amico è in realtà un ex-galeotto, non esita a dargli una mano e ad affiancarlo nella ricerca della sua ex-compagna, senza chiedere nulla in cambio. Si dimostra così un compagno scaltro e combattivo.
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Il fascino del Sud degli Stati Uniti
La storia è ricca sia per il numero e l’originalità dei personaggi, che per gli scenari e il ritmo narrativo.
Non si può far a meno di avvertire, tramite il tratto spigoloso di Zironi, l’atmosfera afosa delle paludi e la fauna selvaggia della Louisiana. Un’ambientazione romantica, aspra ma malinconica, che vive soprattutto nei ricordi e nello stile di vita dei protagonisti, anacronistico rispetto all’ambiente cittadino moderno.
Tra i pregi di Topolino e il ritorno del bluesman vanno menzionati i personaggi secondari: in poche vignette vengono tratteggiati in maniera definita, ognuno con una propria e dimensione e carattere, e un diverso rapporto con il saggio Muddy. E, nonostante gli anni, pronti a ingegnarsi e a menare le mani per un vecchio amico.
Tutti meritano una seconda occasione

In Topolino e il ritorno del bluesman si ritrova il coraggio di parlare, nonostante alcune ovvie censure, di tematiche e personaggi poco “usuali”. Topolino non è un semplice spettatore, ma non svetta neppure sugli altri: condivide con i coprotagonisti la scena permettendo, con una sapiente alternanza di ruoli, che ognuno possa occupare un posto pertinente nel plot. L’intesa che sorge tra Topolino e il vecchio musicista è sincera e spontanea, come le note nostalgiche che si diffondono nel finale dell’avventura. Topolino così trova la storia intensa che cercava, così come Muddy riesce, infine, a trovare il suo posto nel mondo, grazie alla melodia romantica di una serata estiva. Una storia passata in sordina ma degna di nota per completezza, freschezza e la suggestione che riesce a stimolare nei lettori.
In Seconda posizione della Top e Flop di Topolino 2020:
↓ Flop: Mickey 2.0 – Tito Faraci, Claudio Sciarrone (Topolino n°3385-7)
Rimasta nel cassetto per 12 anni, la serie Mickey 2.0 è stata pubblicata di recente su Topolino n° 3385, con il primo capitolo Io sono Topolino. Tito Faraci e Claudio Sciarrone, gli autori della saga, ne firmano il primo e il secondo episodio (Amici e Nemici), mentre il terzo, Il caso venuto dal passato, vede alla sceneggiatura Alessandro Ferrari. La storia è ambientata nella Topolinia del futuro, e ha come protagonisti i nipoti di Topolino, Pippo e Gambadilegno.
Il nipote di Topolino
Topolino, giovane giornalista che porta il nome dell’illustro nonno, viene richiamato sulla Terra dagli zii Tip e Tap. Lasciando la Luna, l’inesperto Topolino viene così assunto da una ricca e potente multinazionale, l’U-Light Corporation, come dirigente della Divisione progetti eventuali, apparentemente inesistente. Stringendo amicizia con i nipoti topolinesi di Pippo e Pietro Gambadilegno, deve orientarsi nella caotica metropoli futuristica e affrontarne le minacce, come il misterioso discendente di Macchia Nera.
Una sitcom dai toni gialli
Tra le note positive della serie, il “giovane” tratto di Sciarrone, piuttosto diverso da quello impiegato dall’autore nelle storie più recenti uscite quest’anno, ma comunque ampiamente godibile. L’ambientazione inoltre incuriosisce il lettore, grazie soprattutto alle soluzioni grafiche utilizzate.
I protagonisti della saga non sono come i loro antenati, pur condividendone il nome e le caratteristiche fisiche. Ciò genera nel lettore un curioso effetto di straniamento. Il setting narrativo ha permesso agli autori di prendersi delle libertà narrative che comunemente non sarebbero ammesse, nelle avventure tipiche del settimanale.
I membri del cast dei Topi sono stati così decostruiti e riformulati a piacere. Una scelta che sicuramente sarà stata gradita da qualche lettore, ma che, personalmente, genera qualche dubbio.
La libera rivisitazione degli abitanti di Topolinia
Non convincono i personaggi, così distanti dagli originali, e non convince il loro utilizzo: già nel primo episodio Topolino individua rapidamente la soluzione del caso senza alcuna prova o nesso logico razionale. Non esattamente un buon inizio, anche sospendendo l’incredulità da lettore.
Le dinamica che si instaura tra il giovane Topolino e gli anziani Tip e Tap per esempio se all’inizio riesce ad intrattenere, già dopo poche pagine comincia a diventare trita e stopposa. Il fallimentare confronto tra i due Topolino, ad opera degli zii, ha tre nefasti esiti:
- Rende antipatico il nostro Topolino dipingendolo, nell’ottica dei gemelli, come un eroe impeccabile e perfettino, in ogni campo.
- La vessazione continua del Topolino lunare, più che far provare empatia nel lettore, sembra mirata a ridicolizzarne la frustrazione e il risentimento.
- Infine, più che Tip e Tap, i due personaggi apparsi nelle serie sembrano semplicemente due vecchi bacucchi qualsiasi prevenuti nei confronti del giovane parente.
Le stesse gag e le battute sarcastiche, se in primo momento sollazzano il lettore, in un secondo (e in un terzo) sembrano essere più che altro fini a loro stesse. L’umorismo decostruttivo, soggettivamente, più che divertente risulta a tratti fastidioso. L’apparizione del supernemico nell’ombra alla fine dell’episodio è, invece, scontata.
Pietro e Topolino best friends
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La relazione d’amicizia con Pippo passa in secondo piano, mentre al centro dei rapporti del protagonista è l’amicizia sorta tra i nipoti di Topolino e Gambadilegno. Innegabile il fatto che Mickey 2.0 ruoti attorno alle dinamiche tra i due, costituendo la perfetta occasione, sotto mentite spoglie, d’instaurare una complicità tra gli storici rivali. Dinamica in realtà già sviluppata su altre storie di Topolino che credo abbia portato, tra le varie conseguenze, alla banalizzazione del personaggio di Pietro Gambadilegno, divenuto ora, tranne rare eccezioni, un semplice e goffo ladruncolo. Ben lontano dal Pietro originale, una violento e corrotto criminale, e formidabile nemico del Topo.
Di Topolino non si butta via niente
La saga è in realtà incompleta, e manca quindi un vero e proprio finale, anche se pare che gli autori siano già al lavoro per mettere a punto e realizzare finalmente il progetto originale. Mickey 2.0 non è riuscito però a conquistarmi. Buona parte delle critiche avanzate qui si basano su pareri e sensazioni avvertite durante la lettura, più che su oggettive e gravi mancanze. Nonostante ciò, in verità non posso che vedere Mickey 2.0 come un esperimento sconnesso con la realtà di Topolino e del suo mondo, che potrebbe essere piaciuto a qualche fan, ma che non mi ha convinto. Non ci resta che aspettare eventuali nuovi episodi, sempre se la redazione riterrà utile impiegare tempo ed energie nel progetto.
↑ TOP: Topolino e la casa dei dipinti che fingono – Casty (Topolino n°3361)
Topolino e la casa dei dipinti che fingono è probabilmente la più ispirata e originale storia di Casty di quest’anno. Pubblicata su Topolino n° 3361, che le dedica anche la copertina, l’avventura condensa in sole 35 pagine avventura, brivido e “redenzione”.
La casa infestata… dai quadri
All’inizio della storia, Pippo informa Topolino di aver trovato finalmente la casa al lago che da tanto cercavano. Il prezzo? 20 dollari.
Topolino subodora il tranello, ma Pippo è fiducioso, e si aggiudica la casa a prezzo stracciato.
La dimora, che spaventa a morte gli abitanti del paese, cela un mistero: dei mesti e strani quadri coperti da un telo, dipinti dal vecchio proprietario prima di abbandonarla. I protagonisti delle opere sono cupi, belli ma tristi, e inquietano ogni visitatore della casa.
Le tele riflettono l’umore di Odoard Crunch, l’autore, e non in senso figurato. I quadri, prima colorati e raggianti, si adattarono lentamente allo stato d’animo di Crunch rabbuiandosi, incupendosi, diventando minacciosi. Acquistarono vita propria. Odoard quindi sigillò le opere con un vetro ma sparì misteriosamente.
Toccherà a Topolino risolvere il mistero per cercare di salvare l’amico Pippo, incautamente rapito e teletrasportato nella lugubre realtà dei dipinti, dominata dalla letale “spezzacuori”.
Una fiaba gotica

Topolino e la casa dei dipinti che fingono narra la vicenda con ritmo sostenuto e incalzante. Il lettore non può fare a meno di seguire Topolino e Pippo pagina dopo pagina, mentre nuovi tasselli si aggiungono al puzzle. L’autore ha dosato bene, nello svolgimento della trama, momenti d’azione con altri più inquietanti e “horror“: la comicità passa in secondo piano, affidata alle sole pose e agli sguardi dei protagonisti, che controbilanciano con la loro naturale simpatia l’atmosfera gotica dell’avventura.
Ed è proprio l’anima surreale e oscura uno dei più apprezzabili punti di forza di Topolino e la casa dei dipinti che fingono.
La storia è dotata di fascino misterioso, solleticante e decadente, come quelle vecchie fiabe paurose che vengono raccontate ai bambini: inquietanti, eppure capaci di calamitare l’attenzione dei più giovani. Ci sembra palese l’ispirazione allo stile di Tim Burton: le nuvole vorticanti, l’atmosfera retrò, i personaggi enigmatici dai tratti grotteschi trasudano di essenza burtoniana. Non solo: lo stesso nome del pittore Odoard Crunch, si presenta come una citazione dell’artista Edvard Munch, noto pittore norvegese esponente dell’espressionismo. La figura di Crunch, così come la sua arte, sembra essere stata plasmata a partire da quella dell’autore de L’urlo.
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Lady Elaine la spezzacuori
Personaggio centrale di Topolino e la casa dei dipinti che fingono è la protagonista del quadro “La ragazza dei miei sogni”, Lady Elaine. La ragazza rappresentava il centro dei pensieri ossessivi del pittore, che lo aveva abbandonato in maniera spietata. È lei a dominare la dimensione oscura dei quadri, e soggioga con il suo fascino ammaliante qualsiasi essere le aggradi. Il suo reale interesse è però sfruttare gli incauti che si sono infatuati di lei, godendo delle sofferenze d’amore da lei causate. Una “spezzacuori” appunto, simile per certi versi alla nota Bedelia o alla Donna Filosofale di Leo Ortolani, una donna bellissima ma fredda, incapace d’amare.
L’intreccio sintetizza in maniera encomiabile influenze diverse. Particolarmente suggestivo il viaggio “oltre lo specchio” di Topolino, attraversando i quadri, punti di contatto tra le due realtà. Il protagonista, sveglio e lucido, guida il lettore in questa avventura senza paura ma non per questo invincibile: la tensione, accuratamente misurata, è palpabile in diverse scene. Topolino e la casa dei dipinti che fingono sconta però il prezzo di una storia di sole 35 pagine. Mi sarebbe piaciuto che fossero stati valorizzati diversi spunti forniti dalla trama, sviluppando l’intreccio nell’arco di due episodi, evitando quindi di concludere con un finale forse un po’ troppo affrettato.
Topolino e la casa dei dipinti che fingono rimane comunque un’ottima storia, un’avventura piacevole da leggere e ispirata, dall’atmosfera magica e intrigante. Con un messaggio di fondo, appreso in prima persona da uno dei protagonisti. La vita riserva di continuo sorprese, belle o brutte che siano. Spetta poi al singolo scegliere, in fin dei conti, cosa assimilare da queste esperienze e quanto lasciarsi influenzare dalle suddette.
Infine, in Prima posizione della Top e Flop di Topolino 2020:
↓ Flop: Gli italici paperi – Matteo Venerus, Emmanuele Baccinelli (Topolino n° 3384-8)
La serie Gli italici paperi, nell’intenzione degli autori Matteo Venerus e Emmanuele Baccinelli, avrebbe dovuto narrare le “avventure” dei Paperi al tempo dell’espansione romana nella penisola italica. Il cast di Paperopoli avrebbe dovuto quindi vestire i panni di una particolare tribù dell’Italia centrale del IV secolo a.C. circa e, per l’occasione, illustrare alcuni passaggi fondamentali dello sviluppo della Res Publica romana. Lo stesso Alex Bertani, il direttore di Topolino, partecipò al progetto per bilanciarne le gag e gli avvenimenti storici con l’anima papera dei personaggi. Esperimento riuscito?
I paperi nell’antica Roma
La saga de Gli italici paperi, nell’arco di 5 episodi, illustra alcuni degli eventi essenziali per la crescita di Roma nella penisola e nel Mediterraneo. Protagonista è il ricco Paperonoro, alla guida del clan dei paperi, il più ricco mercante della tribù. L’incontro-scontro con la civiltà romana gli frutterà grossi vantaggi: il villaggio si trasformerà in una fiorente cittadina e il deposito, prima zeppo di pelli e vasi di coccio, si riempirà di aurei scintillanti. Tutto grazie all’amicizia con Tizio Caio e le sue forti ambizioni politiche. A beneficiarne saranno sia il popolo romano che quello papero.
Anas in fabula
Gli italici paperi partiva da un’idea interessante, per certi versi ambiziosa: trasportare i paperi in una dimensione diversa dalla propria, e non per prendere parte a una parodia, ma come personaggi originali di un “romanzo storico“, con una propria trama, uno sviluppo, dei personaggi secondari ecc. Purtroppo, ritengo che l’esperimento sia fallito.
Gli episodi della saga si limitano a narrare alcuni dei fenomeni culturali o eventi storici dell’epoca romana, sintetizzando e semplificando cause ed effetti, senza imbastire una vera propria trama o un filo conduttore che leghi le singole storie. La storia è subordinata alla Storia: i personaggi sono una copia sbiadita di quelli di Paperopoli, un’imitazione sterile. Paperone è ancora avaro, Gastone è ancora fortunato, ma nulla di più: sostituendo ogni singolo personaggio con altri di storie diverse la saga rimarrebbe invariata.
L’utilizzo dei paperi è un semplice specchio per le allodole, Paperonoro e company non hanno praticamente nulla a che spartire con i propri alter ego moderni, niente della bellezza e della profondità dei personaggi suddetti, e non risultano neppure particolarmente divertenti. La curiosità dell’episodio iniziale sciama rapidamente, quando il lettore arriva ad avere l’impressione di stare leggendo semplicemente delle slide delle scuole medie, con qualche gag per alleggerire l’aspetto storico, ma privo di originalità o intreccio. I personaggi sono stereotipati, il plot banale. La stessa figura di Tizio Caio è così poco definita da cambiare carattere e ruolo in ogni episodio.
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Melius abundare quam deficere
Protagonista de Gli italici paperi è la Storia. Gli episodi ruotano attorno a un tema centrale, un fenomeno socio-culturale da analizzare, che i paperi si prodigano a comprendere e a sfruttare. Il chiaro intento è quello di divulgare la storia romana e alcune caratteristiche del suo popolo, elogiando la civiltà che ebbe origine dai 7 colli. Ambizione lodevole, soprattutto al fine di stimolare la curiosità storica nei lettori più giovani, ma a mio gusto eccessiva: sbandierando in continuazione le doti e le abilità della civiltà romana, semplificandone e banalizzandone i contenuti, si ha l’impressione che Gli italici paperi stiano imbastendo un’apologia, piuttosto che una ricostruzione storica.

Il costo di questa operazione è il sacrificio pressocché totale di qualsiasi intreccio, sviluppo o trama apprezzabile: la storia scorre placida senza colpi di scena, monca di qualsiasi momento di rilievo, idea originale o minimo coinvolgimento del lettore. Le strizzate d’occhio ad Asterix, Aladdin o alla cultura popolare romana si perdono tra le pagine, in mancanza di qualcosa di sostanzioso a cui aggrapparsi. Molto più apprezzabili invece saghe storiche come La storia vista da Topolino.
Va segnalato però il contributo di Emmanuele Baccinelli: i disegni che illustrano la storia sono piacevoli da vedere e ispirati, soprattutto le vedute dall’alto e gli scenari in cui dominano edifici e città.
Leggendo Gli italici paperi si ha l’impressione che il coinvolgimento dei personaggi Disney sia solo una scusa per parlare di altro, che niente ha a che vedere con il loro mondo. Una tacita conferma che sempre più spesso personaggi come Zio Paperone e Paperino non vengano impiegati secondo le proprie potenzialità, sviluppati e compresi nella loro essenza, quanto piuttosto riciclati in trame stereotipate secondo canovacci base ormai standard sulle pagine di Topolino. Drammatico pensare che negli ultimi anni ad essere degne di nota, più che soggetti originali, siano parodie o storie in costume.
Quo vado?
Gli italici paperi rappresentava una buona occasione per sperimentare, e magari inaugurare un nuovo genere su Topolino. L’assenza di una trama apprezzabile e l’asservimento dei personaggi privano però la saga di un’anima propria, di un lascito o un sentimento originale. Alla fine della lettura non rimane praticamente nulla al lettore, se non un ripasso di qualche nozione storica trascurata al liceo.
Eppure l’ambientazione, il contesto storico, e i nostri amici piumati avrebbero potuto dare molto di più, se gliene avessero dato occasione, osando un po’ di più.
↑ TOP: Area 15 – Roberto Gagnor, Claudio Sciarrone (Topolino n° 3355-9)
La serie Area 15, pubblicata sulle pagine di Topolino a marzo, si rivela un curioso esperimento con protagonisti Qui, Quo e Qua alle prese con tematiche adolescenziali. Mossa insolita, forse la più azzardata di quest’anno, che infatti ha anche suscitato le critiche di qualche fan.
Area 15, il club per piccoli nerd
I preadolescenti Qui, Quo e Qua nella saga Area 15 frequentano le scuole medie, e debbono relazionarsi con alcuni fenomeni tipici di quell’età: bulli, emarginazione sociale, acerbe cotte amorose e il delinearsi di tratti caratteriali più definiti. Qua conosce 3 nuovi ragazzi, molto diversi tra loro, ma che hanno in comune con lui una forte passione per la cultura pop e “nerd”. Fondano così il ritrovo Area 15, pieno zeppo di fumetti, libri e film, dove possono coltivare con chi lo desideri gli stessi interessi. La serie descrive le avventure del gruppo in un’atmosfera giocosa, a tratti ingenua, e delle prime difficoltà che i ragazzini si trovano a dover affrontare.
Giovani paperi preadolescenti
I fan puristi del trio di paperi e delle loro avventure “tradizionali” possono aver mostrato qualche recalcitranza di fronte ad Area 15: Qui, Quo e Qua non sono esattamente gli stessi paperotti delle altre storie del settimanale, e la serie si muove su binari propri. Una scelta per certi versi coraggiosa, quella di far approcciare i giovani personaggi a sviluppi e tematiche piuttosto lontani da quelle trattate solitamente da Topolino.
Qui, Quo e soprattutto Qua vengono così riformulati, plasmati per aderire meglio ai contesti adolescenziali, senza (in definitiva) rinnegare la propria caratterizzazione o il proprio spirito originale. Un adattamento, una versione alternativa, che personalmente trovo ben riuscita, e che ha permesso ai tre paperotti di vivere avventure nuove e ispirate. Cercando di raccontare qualcosa di diverso dalla solita caccia alle medaglie delle G.M. o della marchetta per il VIP di turno.
I membri dell’Area 15
I personaggi originali introdotti sono freschi, dal character design definito e con una propria personalità: Giggs, Vanessa e Ray stringono amicizia e si relazionano come farebbe qualsiasi ragazzino della loro età. Le dinamiche di Area 15 ne risultano arricchite, e il nutrito e variegato gruppo di amici dona nuova linfa alle avventure vissute dal trio.
Tra questi spicca Ray, il primo personaggio con disabilità entrato a far parte ufficialmente della banda di Paperopoli. Ray è un ragazzino intelligente, dotato e sensibile, membro attivo del gruppo Area 15. La sua presenza non sembra inoltre essere relegata alla sola saga succitata, poiché già apparso in un’altra storia indipendente, Qui Quo Qua e i vicini di castello.
La forza di Ray risiede nel fatto che la sua caratterizzazione non si risolve semplicemente nell’essere un personaggio su una sedie a rotelle. La sua peculiarità infatti non viene mai spettacolarizzata, o fatta oggetto di pietismo: si dimostra un personaggio non banale, con una propria identità, passioni e relazioni. E in grado di partecipare attivamente, al pari di ogni altro suo amico, alle vicende di Area 15.
Un dialogo ispirato tra disegni e sceneggiatura
Ai disegni troviamo un ispirato Sciarrone, coautore di Area 15, in una riuscitissima simbiosi tra componente grafica e sceneggiatura. La trama e il disegno si pongono una al servizio dell’altro, completandosi e corroborandosi a vicenda. Tante le occhiate, le espressioni eloquenti, molti i discorsi e le riflessioni suffragati da un piacevolissimo e fresco supporto grafico. La coppia Gagnor-Sciarrone si dimostra ancora valida e ispirata, soprattutto con sceneggiature dai marcati toni “pop”, ricche di citazioni e momenti introspettivi. Un esempio è l’episodio Buona Fortuna Qua, forse il più riuscito di Area 15.
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È naturale che non tutti siano d’accordo con questa prima posizione (che, ricordo, è basata solo sulla mia opinione personale). Nonostante ciò non ho potuto non apprezzare il forte desiderio di raccontare una storia che traspare tra le pagine degli episodi di Area 15. Un intento ispirato e genuino, che cerca di descrivere qualcosa di diverso dalle avventure che solitamente troviamo su Topolino. Una serie capace di dialogare sia con il lettore target del settimanale, che facilmente può immedesimarsi nei giovani protagonisti, sia di divertire quelli più stagionati, facendo leva sui propri ricordi di ragazzino.
Non c’è rosa senza spine
Area 15 non è una saga perfetta: la scelta di dare un taglio ben preciso alla storia (teen, incentrata sull’infatuazione per Vanessa di Qua e sul mondo “nerd”), come quella di inserire in ogni episodio una morale o delle situazioni da slice of life-manga potrebbe aver fatto storcere il naso a qualche lettore. L’atmosfera in alcune scene può apparire eccessivamente “ovattata”, per semplificare situazioni per così dire “sublimate”, al fine di adattarle meglio al contesto del settimanale e al carattere ingenuo e insperto dei protagonisti della serie.
Un nuovo episodio di Area 15 è stato già pubblicato su Topolino n°3389, e altri ci attendono in futuro. La domanda è se gli autori riusciranno a raccogliere la sfida che gli si presenta, proponendo sviluppi inediti nella storia, oltre la semplice infatuazione adolescenziale e le sfide dei concorsi per emergenti, ampliando le dinamiche e favorendo una maggiore integrazione dei personaggi inediti col cast dei Paperi.
Passione e introspezione
A mio avviso Area 15 sviluppa una trama coerente, completa e sufficientemente variegata da non annoiare il lettore. La ricchezza dei personaggi secondari, il rapporto tra Qua e Paperino, le strizzate d’occhio pop, i riferimenti a tematiche d’attualità delineano una serie con una propria anima, uno spirito appassionato e romantico. Forse un po’ didascalico, ma sincero: ogni episodio, godibile anche singolarmente, si intreccia a quello precedente, ciascuno con una propria riflessione.
Area 15, il rifugio aperto a tutti
La saga Area 15, con diverse scelte coraggiose e il proprio stile ispirato, ha regalato qualche emozione ai lettori di Topolino. Leggendo delle peripezie di Qua e dei suoi amici non possiamo non avvertirne la passione, l’insicurezza tipica di quell’età, e il suo ottimismo un po’ infantile. Le esperienze di chi si affaccia per la prima volta al mondo, non più bambino ma neppure adulto, che deve fare i conti con se stesso e con chi vuol diventare.
Sensazioni nostalgiche, sognanti e introspettive tutte legate dal filo conduttore della serie. L’importanza di rimanere fedeli a se stessi, alle proprie passioni e ambizioni, relazionandosi con gli altri in maniera autentica e sincera. E la sana voglia di impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi con una piccola dose di irrinunciabile e coraggiosa fiducia nel futuro.
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