Ogni volta che ci domandano cosa ci troviamo di tanto speciale nei fumetti Disney, la risposta che molti di noi forniscono è la stessa: il loro ruolo educativo. Spesso, ad esempio, scherziamo sul fatto che moltissime parole della nostra lingua le abbiamo apprese leggendo il Topo anziché Collodi o Manzoni. Abbiamo raccontato sul nostro sito anche di come le storie Disney siano un ottimo veicolo per nozioni scientifiche e culturali.
Il fumetto Disney resta però un prodotto pensato soprattutto per i più giovani: il suo carattere deontologico e formativo è imprescindibile. Il maestro Carl Barks era consapevole che proprio quest’ultimo aspetto fosse fondamentale per poter realizzare delle ottime storie con i Paperi. La peculiarità di Barks risiede tuttavia nel particolarissimo scopo educativo che si pone, molto diverso da quello di altri autori.
Il Fumetto del Maestro dell’Oregon possiede infatti alcune caratteristiche molto poco “disneyane”: è meno favolistico e molto più improntato sul reale. Anche se molte delle migliori storie di Barks si ispirano a miti e leggende, il Maestro le tratta in un’ottica decisamente poco fantasy. Il tutto per insegnare ai bambini cosa sia reale e cosa no, aiutandoli a sviluppare un pensiero analitico e scettico.
Luca Boschi, in un editoriale apparso sul numero 26 de La grande dinastia dei paperi, descrive così l’approccio di Barks con l’irrazionale:
Barks non ama rappresentare la magia, l’irrazionale, il soprannaturale, la religione. Solitamente, anzi, trova il sistema di dissacrare quanto, anche fra gli autori disneyani, risulta intoccabile. Quindi con causticità, l’Uomo dei Paperi si accosta alla fiaba e alla leggenda mitologica con lo spirito di chi desidera metterle in discussione, a meno che non gli venga esplicitamente richiesto il contrario.
Barks non è stato l’unico a porsi questo particolare obiettivo nel mercato per bambini. Basti pensare a Scooby-Doo, che è l’esempio più lampante di questa logica. Conosciamo tutti il cagnone della Hanna-Barbera, che con il suo team si impegna a risolvere misteri di varia natura. La costante di questo cartone è che dietro ogni fenomeno paranormale, mostro o fantasma si cela un imbroglione che ha intessuto trame di bugie e messinscene per proprio profitto.
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Maghi e streghe? No, cialtroni!
Esattamente allo stesso modo, Barks cerca di mettere in guardia i più giovani da criminali e imbroglioni, creando un personaggio proprio per tale scopo. Pochi infatti sanno che la famosa Amelia, la “fattucchiera che ammalia”, non è affatto una vera strega! Amelia è una criminale che per cercare di rubare la Numero Uno non utilizza incantesimi, bensì trucchetti come bombette di fumo o altri stratagemmi da illusionista, come ad esempio un congegno per ipnotizzare le persone.
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Amelia ad un certo punto diventa una strega a tutti gli effetti, e tale rimarrà nell’immaginario collettivo degli appassionati Disney. Questo accade nella storia di Barks del 1963 Zio Paperone novello Ulisse, vero punto di svolta per il personaggio. In questa avventura Amelia, alla sua quinta apparizione, scopre alcuni scritti della celeberrima maga Circe dai quali trae il sapere magico di antiche arti arcane. Riesce inoltre a padroneggiare gli strumenti della maga omerica, facendone largo uso nelle storie successive. Tuttavia, nonostante il cambio di rotta del suo autore, Amelia è l’esempio più lampante della direzione che Barks voleva dare ai suoi fumetti.
Scavando ancora a ritroso nelle prime storie del Maestro, possiamo già trovare due particolari esempi di questo scetticismo implicito. La celebre storia Il segreto del vecchio castello, in cui per la prima volta vediamo il castello dei de’ Paperoni, presenta un plot twist a là Scooby-Doo. Nella storia vediamo i nostri eroi sulle tracce del tesoro del duca Quaquarone all’interno della magione, che negli anni è stata sorvegliata dal custode Piva. Il castello tuttavia sembra essere infestato da un fantasma che vuole difendere tale tesoro. Alla fine si scoprirà che lo spettro altri non è che un furfante spacciatosi per il custode Piva (morto in realtà mesi prima) che ha sfruttato uno spray per l’invisibilità.
Allo stesso modo in Paperino e il fantasma della grotta troviamo una situazione simile. Paperino e nipotini, pescatori di alghe nelle Indie Occidentali, si imbattono in un misterioso rapimento di bambini che avviene nella baia ogni 50 anni. L’unico indizio a loro disposizione sono le impronte di un’armatura, rinvenute dopo il fattaccio. Dopo la sfida tra Paperino e il “fantasma” in armatura responsabile dei rapimenti, si scoprirà che questi non era altri che… un vecchio emaciato, scarno e debole. Il sedicente spettro racconterà che secoli addietro un galeone inglese era naufragato nella zona, con il capitano unico superstite. Il marinaio decise di dedicare la sua vita alla difesa dell’oro trasportato dal galeone, destinato alla regina Elisabetta I. Col passare degli anni il capitano divenne troppo vecchio, perciò decise di sequestrare un bambino per istruirlo alla difesa del tesoro. Da quel momento sarebbe stato rapito un bambino ciclicamente, ogni 50 anni, per passarsi il testimone della custodia del bottino.
Una storia che ha ben poco di paranormale e che al contrario ci mostra un autentico dramma umano. Il nocciolo di queste due avventure è il brivido della scoperta della verità che si cela dietro la leggenda, piuttosto che la leggenda stessa.
Barks lo smaschera-miti
La poetica del maestro dell’Oregon si basa principalmente sull’avventura: è più che naturale, quindi, che vengano toccati spesso miti e leggende realmente esistenti. Basti pensare ad Atlantide, la pietra filosofale, il tesoro di Creso, il Minotauro, il Vello d’Oro. Anche in questi casi, però, lo scetticismo di Barks sembra essere particolarmente marcato.
Prendiamo ad esempio Paperino e il terrore di Golasecca. Nella storia Paperino e i nipotini decidono di salpare in Ohio per una gita dopo aver acquistato una barca. Tuttavia si imbatteranno ben presto in un serpente marino! Il mistero si dissipa velocemente dopo che Paperino viene inghiottito dal mostro, che si rivela essere nient’altro che un congegno meccanico. A questo punto Paperino rimane vittima delle minacce del suo manovratore, che confessa il suo perverso piacere nello scatenare il panico fra la gente. Sorvolando sulla già coraggiosa scelta di puntare su un villain così folle e deviato, l’intera storia è un chiaro riferimento alla leggenda del mostro di Loch Ness. L’obiettivo? Insegnarci che i mostri marini non esistono!
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Un altro esempio notevole ci viene fornito nella storia Zio Paperone e il Valhalla cosmico, in cui il Maestro dell’Oregon critica apertamente il concetto stesso di divinità. In seguito all’avvicinamento di un corpo celeste sconosciuto, Zio Paperone e i nipoti vengono catapultati sulla sua superficie da un misterioso essere alla guida di un carro volante. Qui i nostri eroi scopriranno un mondo in cui tutti gli abitanti portano i nomi di varie divinità ed esseri mitologici. Ad esempio, il cocchiere volante che li ha trasportati sul pianeta si chiama Thor, mentre il capo di questi strani personaggi è nientemeno che Odino.
Il mistero è presto svelato: “Odino” racconterà ai nostri eroi che nell’antichità altre persone erano finite su quel pianeta e, non comprendendo il potere della loro scienza, avevano riconosciuto negli alieni i loro dei!
Oggi questo espediente narrativo potrebbe far sorridere, richiamando alla mente ridicole tesi complottiste. Potrebbe anche apparire datato, essendo presente in numerose altre opere quali Nadia – Il mistero della pietra azzurra, Stargate o Prometheus. Tuttavia il messaggio è chiaro e notevole, contando il periodo di pubblicazione della storia: il divino non esiste!
Don Rosa è stato uno dei pochi autori in grado di dare un degno seguito a quest’anima ben presente nei lavori di Barks. Ce ne possiamo rendere conto nella storia Il papero del passato e del futuro, dove Paperino, dopo un viaggio nel tempo, incontra Re Artù e Merlino, qui rappresentati rispettivamente come un barbaro primitivo e un imbroglione. Nessuno aveva mai mostrato le due figure mitiche in modo tanto ridicolo e umiliante: tuttavia è proprio questa la raffigurazione più storicamente realistica dei due personaggi letterari.
Barks e il Sense of Wonder
Arrivati a questo punto potreste pensare che Barks sia un materialista il cui unico scopo è instillare il disincanto nelle menti dei giovani. Nulla di più lontano dalla realtà!
Educare i bambini significa fornire loro gli strumenti per affrontare la vita per quello che è. Le favole, i miti e le leggende sono sicuramente utili per la formazione e per insegnare loro alcune importanti lezioni. Tuttavia vi è un tempo per ogni cosa, e arriva un momento in cui certe credenze vanno abbandonate.
Il percorso di maturazione richiede in primo luogo di lasciare le vecchie illusioni che ci facevano sognare, per cercare la bellezza nel mondo reale. Il Maestro dell’Oregon cerca quindi di aiutare i bambini in questi due step fondamentali della vita. I suoi fumetti ci permettono di sognare mentre i suoi paperi compiono imprese mirabolanti in giro per il mondo. Ma è un sognare con i piedi per terra, attraverso avventure vissute in un mondo simile al nostro, senza maghi, streghe, dèi e fantasmi.
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Viviamo in un mondo meraviglioso nella sua materialità. Barks non è così diverso da scrittori americani come Jack London, la cui produzione letteraria è un autentico inno alla vita nella sua spietatezza. Il fumettista e lo scrittore sembrano perseguire lo stesso obiettivo: la ricerca del cosiddetto Sense of Wonder, il senso di meraviglia, un leitmotiv degli scrittori americani.
Barks compose le sue tavole ispirandosi a paesaggi naturali e opere umane vecchie di migliaia di anni. L’Uomo dei Paperi fece largo uso dei cataloghi fotografici della rivista National Geographic, di cui era un grande appassionato. Era un uomo curioso e affascinato, che non chiede altro ai suoi lettori se non sedersi e ammirare lo sconfinato splendore del mondo. Questo mondo!
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Fabrizio Mario Ferrarese
Immagini © Disney/Panini Comics
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