Viaggio nella magia con Amelia e la sua famiglia (seconda parte)

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Il ritorno della famiglia di Amelia

In un articolo precedente avevamo parlato della famiglia di Amelia, alla ricerca della pietra filosofale (potete leggerlo QUI). Allora avevamo accennato al ritorno di Nonna Caraldina, Minima e Rosolio in Amelia e la furia degli elementi, di cui vi parlerò oggi.

Come nella prima storia in cui compare la famiglia di Amelia, gli elementi magici intorno a cui ruotano le vicende di Amelia e la furia degli elementi sono tratti da un mito. E, più in particolare, dalla mitologia romana. Dopo aver miseramente fallito l’ennesimo attacco alla Numero Uno la nostra fattucchiera non demorde, e continua la sua  ricerca di qualcosa che possa aiutarla, attingendo nuovamente alle leggende popolari. Destinazione: Roma, tempio perduto di Giano Bifronte. Obiettivo: il tesoro degli dèi, armi invincibili per sopraffare ogni nemico.

Poco prima di partire, Amelia viene raggiunta dai parenti: nonna, nipotina e fidanzato (o meglio, aspirante tale).

Amelia
                                             La sentita reazione di Amelia per il ritorno della sua cara famiglia

Nell’articolo precedente ci eravamo lasciati con degli interrogativi. Chi era Giano Bifronte? La furia degli elementi è controllata dagli dèi? Partiamo dunque per questo nuovo viaggio alla scoperta di alcuni aspetti del mondo della mitologia.

Giano Bifronte: una divinità bicefala

Giano Bifronte, il cui nome latino è Ianus Bifrons, è una divinità italica di origine romana. La sua caratteristica distintiva è di avere due volti per una sola testa. Secondo la mitologia, egli è custode di ogni forma di mutamento e variazione, simbolo di ogni fine e di ogni inizio. Inoltre, ha il potere di conoscere tanto il passato quanto il futuro. Il suo doppio volto gli consentirebbe infatti di guardare avanti e indietro.

Giano Bifronte
                     Rappresentazione di Giano Bifronte

Presso gli Antichi Romani era considerato il Padre degli Dèi, ed era la divinità principale del Pantheon.

Gennaio deve il proprio nome a questa divinità: chiamato in latino Ienuarium, significa letteralmente “consacrato a Giano”. Difatti gennaio è un mese di fine e di inizi, un periodo di passaggio e di cambiamenti, che ben si adatta a rappresentare simbolicamente il dio custode di mutamento e variazione.

Amelia e il dio

Nella trasposizione a fumetti, la caratteristica bifronte di Giano viene resa, oltre che dalla presenza dei due volti, dal manifestarsi di due caratteri opposti: l’uno generoso e magnanimo, l’altro avaro e meschino. Si tratta di uno stratagemma narrativo, semplice ma efficace, per comunicare immediatamente il carattere distintivo e l’essenza del personaggio mitologico.

Amelia in visita dalla divinità Giano Bifronte
                 Giano Bifronte disegnato da Giorgio Cavazzano

Il tempio perduto di Giano

Mentre nella storia in questione il tempio di Giano è semplicemente nascosto, nella realtà di esso non è rimasta traccia. Sappiamo che era situato non lontano dai Fori Imperiali, più precisamente lungo l’Argileto. Non ne resta che una rappresentazione sul retro di una moneta di epoca neroniana.

         Moneta raffigurante Nerone e il tempio di Giano sulle due facce opposte 

Il tempio di Giano ricopriva un ruolo importante a Roma. Secondo la leggenda, le porte del tempio erano sigillate in tempo di pace e venivano spalancate in caso di guerra. Il rito di apertura delle porte comportava lo scatenamento del furor belli, ovvero l’evocazione di forze potenti e sovrannaturali che avrebbero alimentato lo spirito combattivo dei soldati romani in battaglia. Si trattava di un evento temuto dal popolo, anche perché decretava la fine della pace.

Nella nostra storia, Amelia incontra Giano Bifronte proprio all’interno del tempio perduto. Egli custodisce il segreto del potere degli dèi e domina la furia degli elementi di cui Amelia vuole impossessarsi. Ma cos’è questa furia degli elementi? Gli dèi sono davvero in grado di controllare le forze della natura?

Gli dèi e le forze della natura

I fenomeni naturali, fino alla nascita della scienza moderna, sono stati spiegati dall’uomo ricorrendo alla magia, alla religione, alla spiritualità e all’animismo. Un tempo magia, mitologia e natura si fondevano in tutt’uno. Una concezione simile la ritroviamo in parte oggi nella Wicca, in cui è presente il culto dei cicli naturali nei quali si riconosce la presenza di un’essenza divina.

In passato, le religioni politeiste credevano che le forze della natura fossero la manifestazione di poteri divini. In questa concezione, gli elementi naturali (fuoco, terra, aria e acqua) sono governati dagli dèi. Ognuno di essi possiede poteri o oggetti magici attraverso i quali governa e controlla uno o più elementi. Giusto per nominarne uno, pensate al sole che si sposta in cielo perché trainato dal carro di Apollo.

Amelia e la furia degli elementi

Nella storia Amelia cerca di mettere le mani proprio sulle armi divine, che le permettano di controllare gli elementi naturali. Grazie alla visita al tempio di Giano, la strega riesce a mettere le mani su questo tesoro. Si tratta di un arsenale variegato in cui troviamo, fra le altre cose, l’Otre di Eolo per governare i venti, la Lancia di Marte per il fuoco, e il Tridente di Nettuno per l’acqua.

Amelia e la furia degli elementi

Se con la sola magia Amelia non è ancora riuscita a rubare la Numero Uno a Paperone, con le forze della natura, notoriamente invincibili, riuscirà sicuramente a raggiungere lo scopo che si prefigge da sempre.

In verità, chi ha letto la storia sa che non è affatto così. La sbadataggine di Rosolio, Nonna Caraldina e Minima non può essere controllata né dalla Lancia di Marte né dal Tridente di Nettuno. La situazione si metterà male per la nostra cara fattucchiera, mentre per lo Zione le cose andranno un po’ meglio (o quasi).

Non il finale che Amelia aveva sperato
                           Non proprio il finale che Amelia aveva sperato…

La Numero Uno resterà nelle mani del nostro caro Zio Paperone – ehm, più o meno – ed Amelia tornerà al Vesuvio con le pive nel sacco. Ma, almeno, per la sua famiglia sarà finalmente il momento di tornare a casa.

Tra i punti di forza della storia merita di essere evidenziata la capacità di insegnare con simpatia. Assistere al battibecco fra le due facce di Giano è molto divertente: così la storia, oltre a comunicare in modo semplice, ci fa imparare qualcosa attraverso una risata. Si tratta di una buona tecnica di insegnamento, che aiuta a fissare i dettagli in memoria senza scadere in toni didascalici. A mio avviso, una buona storia dovrebbe avere sempre questa capacità.

Se non avete mai letto queste storie vi invito a farlo, mentre se non le leggete da un po’ vi invito a rileggerle. Forse le guarderete con un occhio più critico rispetto a quando eravate bambini. Forse ve ne innamorerete di nuovo, e stavolta da una prospettiva diversa.

Vi lascio con la speranza che un giorno vedremo tornare sulle pagine del settimanale la cara famiglia di Amelia!

Giulia Donatelli

Immagini © Panini Disney, Corvidigiano, Wikowand

Fonti: Lettera43 | Fanpage.it | Wikipedia | Rome and Art | Centro Studi La Runa

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